VERBENA:NOMI COMUNI : Erba Sacra, Erba Crocetta, Erba Colombina, Erba turca, barbegna, coj dij prà, erba de S.Gioan, clumbeina, crous, purecella, erba della milza, birbina, virminaca, crebena.E una buona galattogena - agisce sul sistema endocrino e sulla funzione ormonale grazie alla sua abilità di stimolare la secrezione lattea nelle puerpere - in tutte le donne invece regola la produzione naturale di ormoni.
Altre caratteristiche e proprietà:
* tonica - agisce su tutto l'organismo rinvigorendolo e rafforzando tutti gli organi
* antinevralgica - utile per alleviare dolori nevralgici e mestruali
* emmenagoga - stimola il flusso mestruale se scarso
* diaforetica - agisce sul fegato e sui sistemi di disintossicazione grazie alla sua abilità di aumentare la perspirazione, e stimolare la fuoriuscita delle tossine attraverso la pelle. Usato anche per assistere il sistema immunitario grazie alla sua capacità di scacciare la febbre.
* diuretica e depurativa del fegato e della milza
* febbrifuga - agisce sul sistema immunitario per la sua capacità di scacciare la febbre
* antinfiammatoria - agisce sul sistema immunitario grazie alla sua abilità nel contrastare le infiammazioni
* antireumatica - agisce sul sistema immunitario alleviando e prevenendo i dolori reumatici
* espettorante - agisce sul sistema immunitario grazie alla sua capacità di facilitare la rimozione delle secrezioni della membrana mucosa bronco-polmonare e causare l'espulsione di muco dal tratto respiratorio. Il tè caldo, preso spesso, è raccomandato per febbri e raffreddori, soprattutto per decongestionare la gola e il torace.
* vermifuga - agisce sul sistema immunitario grazie alla sua abilità di causare l'espulsione di vermi intestinali
* vulneraria - agisce sul sistema immunitario grazie alla sua abilità di guarire e curare le ferite
* tranquillante naturale - utile nell'ansia, nell'insonnia e nella tensione nervosa anche quando, questi disturbi, sono associati a stress.
* antispasmodica - agisce sul sistema nervoso grazie alla sua abilità di prevenire o alleviare gli spasmi muscolari
* astringente - agisce sul sistema endocrino e ormonale grazie alla sua abilità di causare la contrazione dei tessuti
Non usare in gravidanza.
Storia e curiosità:
La Verbena, pianta sacra agli antichi romani, non va confusa con la gradevole Cedrina, detta anche Verbena odorosa.
La verbena non viene utilizzata per usi culinari e gastronomici, perché il gusto non si adatta in cucina. In cosmesi, invece, l'infuso può essere usato come decongestionante degli occhi. Alla verbena un tempo erano attribuite proprietà magiche. Essa veniva colta nella notte di San Giovanni (24 giugno). Ciò si spiega, forse, con il fatto che questa festa ha sostituito il solstizio di estate (22 giugno), giorno in cui il sole raggiunge l'apice suscitando un momento di alta suggestione.
La verbena era usata da varie tribù di Indiani Americani per curare febbri, raffreddori, tosse e catarro. I Cherokee la usavano anche come un rimedio per problemi intestinali, diarrea e dissenteria. La verbena è stata usata anche come analgesico per l'otite e i dolori dopo parto ed è uno sbloccante per le mestruazioni.
Il nome Verbena deriva dal Celtico ferfaen, da fer (scacciare via) e faen (pietra), poiché la pianta era molto usata per curare problemi della vescica, soprattutto calcoli. Un'altra origine del nome è indicata da alcuni autori da Herba veneris, per le qualità afrodisiache attribuitele dagli antichi. I sacerdoti la usavano per sacrifici, da cui il nome Herba Sacra. Il nome Verbena era il nome classico romano per 'piante d'altare' in generale, e per questa specie in particolare. I druidi la aggiungevano alla loro acqua lustrale, e maghi e stregoni la usavano ampiamente. Era adoperata per vari riti e incantesimi, e dagli ambasciatori per concludere alleanze. Macinata, era indossata intorno al collo come talismano contro mal di testa, a anche contro morsi di serpente e altri animali velenosi, e come portafortuna in generale. Si riteneva benefica per la vista. Tutte queste sue virtù sono probabilmente derivate dalla leggenda della sua scoperta sul monte del Calvario, dove fu usata per cicatrizzare le ferite del Salvatore crocefisso. Perciò, viene benedetta con un rituale commemorativo quando si raccoglie.La verbena era una delle piante magiche più note e diffuse tra le popolazioni antiche.
Alcuni fanno derivare il suo nome da Venere mettendo così in risalto le proprietà afrodisiache, confermate da Ippocrate (V sec. a.C.) che raccomanda il decotto di verbena per curare la sterilità delle donne, e Galeno (II sec. d.C.) che indica la verbena per “fortificare il membro”.
Altri invece associano il termine all’etimo “verber” frusta, perché i suoi rami legati in fascio fungevano da frusta nelle cerimonie rituali e propiziatorie.
In passato la verbena (Verbena officinalis) era considerata così efficace in campo amoroso che per conquistarne il cuore della persona desiderata bastava toccarla dopo essersi sfregati le mani con il succo di questa pianta.
I Romani addirittura la chiamavano “Herba Veneris” e la ritenevano dotata della capacità di riaccendere anche le passioni più sopite.
Le sale per i banchetti dell’imperatore Nerone avevano soffitti intarsiati di avorio, i cui pannelli scorrevano per lasciar cadere una pioggia di verbena e altri profumi, al fine di accrescere negli ospiti l’allegria sensuale.
Alla verbena erano riconosciuti molti poteri, spesso di valore opposti.
Come simbolo di pace era deposta nelle zone sacre dai sacerdoti latini, i Feziali, quando erano in corso trattative sia con gli alleati che con i nemici.
Quale elemento di protezione dal malocchio e dai demoni venivano coltivata in casa, come ricorda lo stesso Piero Ispano, medico e futuro Papa Giovanni XXI (XIII sec).
La verbena selvatica cresce ai margini dei boschi e nei luoghi sabbiosi, produce graziosi fiorellini di un delicato color malva dall’aroma tenue.
La pianta contiene un glucoside, la verbenalina, che se assunto quando l’arbusto è fresco ha proprietà terapeutiche di antispasmodico, antinfiammatorio, antidolorifico.
Perché la verbena scaturisca le sue qualità afrodisiache, è più potente la selvatica di quella coltivata, si deve raccogliere in una notte di luna piena con la mano sinistra, secondo uno specifico rituale: prima di recidere la pianta è obbligo propiziarsi i favori della natura versando del miele nella terra che l’ha generata e intrecciando intorno ad essa un ferro modellato a forma di cerchio. Non andrebbe inoltre dimenticato di appendere la verbena all’ombra, il più in alto possibile, facendone seccare separatamente gambo e radici.
Il suo impiego puramente alimentare è ritenuto secondario, anche se le cimette più tenere vengono mescolate nelle insalate.
30 January, 2011
26 January, 2011
ROSA:Probabilmente è la regina tra i fiori. Coltivata da sempre, e regalata per rappresentare bellezza, eleganza, femminilità.La rosa è senza dubbio uno tra i fiori più belli.
Appartenente alla famiglia delle Rosaceae, conta circa 150 varietà, e colori intensi a tinta unita oppure ibridi.
Coltivata in Europa, ma anche in Oriente, in Asia, la rosa è una pianta che cresce ad arbusti, piccoli alberelli di 20 centimetri che possono crescere anche per diversi metri. comprende specie cespugliose, sarmentose, rampicanti, striscianti, arbusti e alberelli a fiore grande o piccolo, a mazzetti, pannocchie o solitari, semplici o doppi, frutti ad achenio conutenuti in un falso frutto (cinorrodo); le specie spontanee in Italia sono oltre 30 di cui ricordiamo la R. canina la più comune, la R. gallica poco comune nelle brughiere e luoghi sassosi, la R. glauca frequente sulle Alpi, la R. pendulinacomune sulle Alpi e l'Appennino settentrionale e la R. sempervirens.Il nome, secondo alcuni, deriverebbe dalla parola sanscrita vrad o vrod, che significa flessibile. Secondo altri, invece, il nome deriverebbe dalla parola celticarhood o rhuud, che significa rosso.
Appartenente alla famiglia delle Rosaceae, conta circa 150 varietà, e colori intensi a tinta unita oppure ibridi.
Coltivata in Europa, ma anche in Oriente, in Asia, la rosa è una pianta che cresce ad arbusti, piccoli alberelli di 20 centimetri che possono crescere anche per diversi metri. comprende specie cespugliose, sarmentose, rampicanti, striscianti, arbusti e alberelli a fiore grande o piccolo, a mazzetti, pannocchie o solitari, semplici o doppi, frutti ad achenio conutenuti in un falso frutto (cinorrodo); le specie spontanee in Italia sono oltre 30 di cui ricordiamo la R. canina la più comune, la R. gallica poco comune nelle brughiere e luoghi sassosi, la R. glauca frequente sulle Alpi, la R. pendulinacomune sulle Alpi e l'Appennino settentrionale e la R. sempervirens.Il nome, secondo alcuni, deriverebbe dalla parola sanscrita vrad o vrod, che significa flessibile. Secondo altri, invece, il nome deriverebbe dalla parola celticarhood o rhuud, che significa rosso.
Già nell'antichità la coltivazione della rosa era diffusissima, sia come piante ornamentali che per le proprietà officinali ed aromatiche con l'estrazione degli oli essenziali.
Sono state le specie spontanee che hanno fornito nel passato le prime varietà coltivate; come la R. canina arbusto con fiori semplici di colore rosa-pallido e steli ricoperti di spine uncinate; e la R. gallica di piccole dimensioni con rami poco spinosi, con fiori semplici color rosa-intenso, che diedero origine a forme dal fiore doppio, non rifiorenti.
Alla fine del 1700, fu introdotta in Europa la R. semperflorens nota come Rosa del Bengala dai fiori piccoli e riuniti in mazzetti, rifiorente, con varietà a fiore semplice o semi-doppio di vari colori.
All'inizio del 1800 fu introdotta in Europa la R. indica var. fragrans nota col nome di Rosa Tea originaria della Cina e nota anche come R. chinensis dai fiori doppi e rifiorenti.
Dagli incroci tra R. gallica e R. indica var. fragrans si ottennero nel 1840 gli ibridi rifiorenti, che sostituirono rapidamente le varietà fino ad allora coltivate, con fiori grandi, pieni, rami lunghi e forti con grosse spine, rustiche, alcune varietà di questo gruppo vengono ancora oggi coltivate, mentre le varietà meno rustiche poco resistenti al freddo, con chioma troppo fitta e steli deboli non in grado di sopportare il peso dei fiori, della R. indica fragrans furono presto abbandonate.
Le varietà di R. indica incrociate con gli 'ibridi rifiorenti' diedero vita a nuove varietà inserite nel gruppo degli Ibridi di Tea, piante molto fiorifere rispetto agli 'ibridi rifiorenti', e più rustiche della 'rosa tea', con un portamento intermedio tra le specie d'origine; ancora oggi vengono coltivate alcune varietà di questo gruppo, dai fiori molto colorati con o senza profumo.
Sempre nei primi anni dell'Ottocento, da un incrocio occasionale tra R. indica e R. gallica ebbe origine la R. borbonica, oggi praticamente scomparsa, pianta vigorosa, rustica, con rami poco spinosi, fiori grandi a forma appiattita, con petali più corti al centro.
Non è certa invece l'origine delle Rose Polyantha cespugliose e di modesto sviluppo, con fioritura durante tutto il periodo vegetativo, probabilmente frutto di un incrocio occasionale tra la R. multiflora una specie sarmentosa non rifiorente, originaria di Cina e Giappone, e gli 'ibridi tea'. Le rose polyantha hanno goduto di una notevole diffusione nei giardini per aiuole e bordi, grazie all'abbondante e continua fioritura.Molto simili sono gli ibridi originati dalla R. wichuraiana originaria dell'estremo oriente, che si distinguono per il fogliame più liscio e brillante.Le varietà di 'rose sarmentose' derivate dalla R. multiflora hanno mantenuto il carattere non rifiorente della specie originaria, sono piante forti, decorative, con abbondante fioritura, fiori piccoli, doppi, riuniti in mazzetti che ricoprono totalmente i rami, particolarmente sensibili all'oidio.Nel 1900 un floricoltore di Lione (tale Pernet Ducher) ottenne, incrociando gli 'ibridi rifiorenti' con la R. lutea, specie spontanea del medio-oriente, arbusto dai fiori semplici di colore giallo, che sbocciano a giugno, coltivato da secoli nel mediterraneo, un ibrido che riuniva le caratteristiche delle specie originarie, con rami rifiorenti, lunghi e vigorosi, molto spinosi, foglie lucenti e dentate, fiori non molto grandi, doppi, di colore variabile tra il giallo e l'arancio, incrociando questi ibridi di R. lutea con gli 'ibridi tea', si ottenne un gruppo di rose denominate Ibridi di Lutea o R. pernetiana, ancora oggi coltivati.
Dall'incrocio di questi ibridi con varietà a fiori grandi, si sono ottenuti 'ibridi sarmentosi' a fiori grandi, talvolta profumati, rifiorenti o meno, poco rustici, derivano dalle specie che hanno dato origine alle rose cespugliose a fiori grandi, cioè la R. indica fragrans, la R. lutea, la R. semperflorens, la R. gallicaetc., da alcune varietà di 'rose cespugliose' sono state selezionate 'rose sarmentose' con fiore simile all'originale, che vengono chiamate Rose Climbing.
Sempre tra le 'rose sarmentose' citiamo quelle ottenute da Filippe Noisette all'inizio del 1800 incrociando la R. muschata e la R. indica fragranschiamate Rose Noisette, sono piante vigorose, rifiorenti, sufficientemente rustiche, con fiori profumati di medie dimensioni, spesso riuniti in vistosi mazzi.
Da ultimo citiamo due specie originarie di Cina e Giappone: la R. banksiae , sarmentosa, adatta alle zone con clima temperato, in quanto resiste poco al gelo, ha lunghi rami ricurvi, ricoperti in primavera da piccoli fiori profumati riuniti in mazzetti; e la R. rugosa, caratterizzata da fusti con moltissime spine lunghe e sottili, piante vigorose, a foglie composte da molte foglioline di colore verde brillante superiormente, grigiastre sulla pagina inferiore, i fiori semplici, semidoppi e doppi, a seconda della varietà, molto profumati..
Le numerosissime cultivar oggi in commercio sono state ottenute da complesse e spesso segrete operazioni di poli-ibridazione che ne rendono difficile la classificazione anche dal punto di vista florovivaistico.
Come pianta ornamentale nei giardini, per macchie di colore, bordure, alberelli, le sarmentose o rampicanti per ricoprire pergolati, tralicci o recinzioni, le specie nane dalle tinte brillanti e con fioriture prolungate per la coltivazione in vaso sui terrazzi o nei giardini rocciosi.
Industrialmente si coltivano le varietà a fusti eretti e fiori grandi, per la produzione del fiore reciso, che occupa in Italia circa 800 ettari, localizzati per oltre la metà in Liguria, il resto in Toscana, Campania e Puglia.
I petali vengono utilizzati per le proprietà medicinali, per l'estrazione dell'essenza di Rosa e degli aromi utilizzati in profumeria, nell'industria essenziera, nella cosmetica, pasticceria e liquoristica. È una delle basi immancabili più utilizzate in profumeria.
Come pianta medicinale si utilizzano oltre ai petali con proprietà astringenti, anche le foglie come antidiarroico, i frutti ricchi di vitamina C diuretici, sedativi, astringenti e vermifughi, i semi per l'azione antielmintica, e perfino le galle prodotte dagli insetti del genere Cynips ricche di tannini per le proprietà diuretiche e sudorifere.
In aromaterapia vengono attribuite all'olio di rosa proprietà afrodisiache, sedative, antidepressive, antidolorifiche, antisettiche, toniche del cuore, dello stomaco, del fegato, regolatrici del ciclo mestruale.[2]
Le giovani foglie delle rose spontanee servono per la preparazione di un tè di rosa.
Inoltre la rosa è il fiore legato alla Vergine Maria e alla dea Venere o Afrodite,rappresenta la bellezza,la grazia,l'amore,i poteri psichici,divinazione d'amore,fortuna,protezione,creatività,sogni,facoltà psichiche.
Le rose sono una sorta di vocabolario vegetale.
A seconda del colore o della specie, infatti, possono portare una infinità di messaggi diversi.
Prima di conoscerli, però è doveroso soffermarsi
sul significato più importante, che le accomuna tutte:
universalmente la rosa è simbolo del segreto, delle cose da non rivelare
o da trattare con la massima discrezione.
I suoi petali, infatti sovrapposti in modo concentrico, si raccolgono in un bocciolo centrale
che in molte varietà non si schiude mai del tutto:
un piccolo e delicato scrigno che non deve essere forzato per nessuna ragione.
Non a caso, la rosa ancora chiusa incarna la castità femminile,
mente quella aperta simboleggia le bellezza effimera della gioventù.
Il suo profumo è detto il profumo dei profumi, ha influssi sulla bellezza e sulla sensibilità.
la gioia, la dolcezza, la gloria e l'umiltà, i sentimenti più teneri o più appassionati,
tutto si può esprimere con la rosa, simbolo da sempre della bellezza.
Originariamente le rose erano tutte bianche ma un giorno la dea Venere,
mentre correva incontro ad uno dei suoi innamorati,
mise un piede su un cespuglio di tali fiori e le spine la punsero.
Le rose, bagnate dal suo sangue, per la vergogna arrossirono all’istante
e rimasero di tale colore per sempre.
Un'altra leggenda narra che il profeta Maometto,
sospettoso dell'infedeltà della sua favorita Aisha,
chiese all’Arcangelo Gabriele di aiutarlo a scoprire la verità.
L’Angelo gli disse di bagnare le rose e,
se avessero cambiato colore i suoi dubbi sarebbero stati fondati.
Quando Maometto tornò a casa, Aisha gli offrì delle rose rosse,
il profeta le ordinò di lasciarle cadere nel fiume ed esse divennero gialle.
Nel codice delle odorose rispondenze, la rosa ha influssi sulla sensibilità,
il suo significato è AMORE,
ma a colori diversi corrispondono significati diversi.
Rosa: | Significato |
Color Arancio | Desiderio e Fascino |
Bianca | Silenzio, Purezza, Amore spirituale, Reverenza, Segretezza, Innocenza e Fedeltà |
Color Corallo | Desiderio |
Gialla | Dichiarazione di Gelosia, Infedeltà, Vergogna, Libertà, Contentezza |
Color Pesca | Amore segreto |
Rosa | Amicizia, Affetto,Tenerezza, Freschezza, Ammirazione, Comprensione, Gratitudine,Felicità perfetta |
Rosa scuro | Gratitudine |
Rossa | Passione d'amore, Vero amore, Rispetto, Coraggio, Ti amo |
Rosso scuro | Costanza, continuità e immortalità e Lutto |
Tea | Gioia, Gentilezza della donna amata |
a fiore variegato | Amore tradito |
Banks | "Sei bella nel sorriso e nel pianto" |
Bengala | Moralità solida |
Borracina | Bellezza e Capriccio |
Canina | Indipendenza, Poesia, Delicatezza e Piacere, Sofferenza e Dolore |
Centifoglie | "le rose da cento petali" - sono Ambasciatrici d'amore e simbolo di grazia |
Capuccina | Splendore |
Cannella | Maturità precoce |
Galliche o francesi | Incontro romantico |
Muschiata | Bellezza capricciosa |
Multiflora | Augurio di fecondità |
Senza spine | Amore a prima vista |
Rosa della Cina | il desiderio di riconciliazione |
Rosa della Cina doppia | Dispetto |
23 January, 2011
Ecco alcuni consigli per i capelli e x mantenerli belli e sani:ovviamente sono tutte cose casalinghe e fai da te che però su di me funzionano benissimo,anche perchè tengo molto ai miei lunghi capelli,ma non mi sogno nemmeno di farmeli rovinare da tutti sti shampoo,balsami e maschere a base di siliconi...
Prima di tutto ecco alcuni consigli "naturali" x i capelli:
1:invece dello shampoo qualche volta si potrebbe usare l'uovo :il tuorlo d'uovo deterge delicatamente e senza aggredirli capelli e cuoio capelluto. Basta mischiare il tuorlo di un uovo con mezzo succo di limone e alcune gocce di rhum o acquavite,poi avvolgi i capelli in un asciugamano e lascia agire per 30 minuti,dopo risciacqua.
2:per sgrassare è molto utile un infuso di rucola mischiato ad cucchiaio di bicarbonato e mezzo cucchiaino di zolfo.
3Per rendere i capelli lucenti prova con aceto o limone. Aggiungi nell’acqua dell’ultimo risciacquo il succo di mezzo limone oppure un cucchiaio di aceto di frutta: i capelli brilleranno!
4:Per schiarire: camomilla, mentre per scurire: tè nero. I principi attivi della camomilla conferiscono ai capelli biondi un riflesso dorato e ne schiariscono la tonalità, mentre sciacquando i capelli scuri con un tè nero forte si rende più deciso un bel tono di castano oppure, a seconda del tono naturale, si possono ottenere riflessi rossi.
5:Al posto della lacca: la birra! Lava i capelli con un composto formato da 1/4 di birra e 3/4 di acqua e poi risciacqua. Niente paura, l’odore svanisce dopo poco tempo!
6:Per ridare vita a capelli sfruttati e opachi: l’olio. L’olio d’oliva è l’ideale come impacco rigenerante per capelli sfibrati e opachi oppure come olio massaggiante per il cuoio capelluto in caso di forfora (in entrambi i casi si applica prima del lavaggio e si fa agire per mezz’ora).
7:Un prodotto multi-uso: la mela. Resisti alla tentazione di mangiarla perché il succo di questo frutto è un vero toccasana per i capelli: rinforza la chioma, scongiura l’insorgenza delle doppie punte e lascia un gradevole profumo di pulito. Si può usare come shampoo, aggiungendolo a un misurino del tuo prodotto abituale, oppure come maschera, ammorbidito con due cucchiai di olio di mandorle dolci.
8:Lozione naturale per cute e capelli: il limone. I flavonoidi agiscono sulla microcircolazione diminuendo la permeabilità dei capillari e aumentandone la resistenza: la circolazione e l’irrorazione del cuoio capelluto risultano così migliorate. Ecco perché il succo di limone è un valido aiuto come lozione dopo-shampoo, per lucidare e ravvivare i capelli.
9:Il rimedio anti-tempo? Tè e salvia. Per capelli precocemente ingrigiti usa un decotto preparato con un cucchiaino di tè e uno disalvia essicata, fatti bollire per un paio d'ore con un litro d'acqua, filtrati e uniti a un cucchiaio di rhum.
10:Per un lavaggio completo: un po’ di bicarbonato. Per facilitare la rimozione dei residui di lacca e gel, una volta alla settimana aggiungi un cucchiaino di bicarbonato all’abituale shampoo.
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1:invece dello shampoo qualche volta si potrebbe usare l'uovo :il tuorlo d'uovo deterge delicatamente e senza aggredirli capelli e cuoio capelluto. Basta mischiare il tuorlo di un uovo con mezzo succo di limone e alcune gocce di rhum o acquavite,poi avvolgi i capelli in un asciugamano e lascia agire per 30 minuti,dopo risciacqua.
2:per sgrassare è molto utile un infuso di rucola mischiato ad cucchiaio di bicarbonato e mezzo cucchiaino di zolfo.
3Per rendere i capelli lucenti prova con aceto o limone. Aggiungi nell’acqua dell’ultimo risciacquo il succo di mezzo limone oppure un cucchiaio di aceto di frutta: i capelli brilleranno!
4:Per schiarire: camomilla, mentre per scurire: tè nero. I principi attivi della camomilla conferiscono ai capelli biondi un riflesso dorato e ne schiariscono la tonalità, mentre sciacquando i capelli scuri con un tè nero forte si rende più deciso un bel tono di castano oppure, a seconda del tono naturale, si possono ottenere riflessi rossi.
5:Al posto della lacca: la birra! Lava i capelli con un composto formato da 1/4 di birra e 3/4 di acqua e poi risciacqua. Niente paura, l’odore svanisce dopo poco tempo!
6:Per ridare vita a capelli sfruttati e opachi: l’olio. L’olio d’oliva è l’ideale come impacco rigenerante per capelli sfibrati e opachi oppure come olio massaggiante per il cuoio capelluto in caso di forfora (in entrambi i casi si applica prima del lavaggio e si fa agire per mezz’ora).
7:Un prodotto multi-uso: la mela. Resisti alla tentazione di mangiarla perché il succo di questo frutto è un vero toccasana per i capelli: rinforza la chioma, scongiura l’insorgenza delle doppie punte e lascia un gradevole profumo di pulito. Si può usare come shampoo, aggiungendolo a un misurino del tuo prodotto abituale, oppure come maschera, ammorbidito con due cucchiai di olio di mandorle dolci.
8:Lozione naturale per cute e capelli: il limone. I flavonoidi agiscono sulla microcircolazione diminuendo la permeabilità dei capillari e aumentandone la resistenza: la circolazione e l’irrorazione del cuoio capelluto risultano così migliorate. Ecco perché il succo di limone è un valido aiuto come lozione dopo-shampoo, per lucidare e ravvivare i capelli.
9:Il rimedio anti-tempo? Tè e salvia. Per capelli precocemente ingrigiti usa un decotto preparato con un cucchiaino di tè e uno disalvia essicata, fatti bollire per un paio d'ore con un litro d'acqua, filtrati e uniti a un cucchiaio di rhum.
10:Per un lavaggio completo: un po’ di bicarbonato. Per facilitare la rimozione dei residui di lacca e gel, una volta alla settimana aggiungi un cucchiaino di bicarbonato all’abituale shampoo.
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22 January, 2011
ROSMARINO:Il Rosmarino, regina delle piante aromatiche, è la tipica pianta mediterranea, che cresce sia spontanea che coltivata soprattutto lungo le fasce costiere. L'etimologia del suo nome è abbastanza controversa: secondo alcuni deriverebbe dal latino "ros = rugiada" e "maris = mare" vale a dire "rugiada del mare" secondo altri deriverebbe sempre dal latino ma da "rosa = rosa" e "maris = mare" cioè "rosa del mare" secondo altri dal latino "rhus = arbusto" e "maris = mare" cioè "arbusto di mare". In ogni modo, qualunque sia la sua origine, è sempre strettamente legata al mare che lo ricordano anche i suoi delicati e deliziosi fiori colore del mare.E' una pianta arbustiva, perenne con portamento cespuglioso che può raggiungere un'altezza di tre metri..
PAPAVER SOMNIFERUM:questa pianticella era conosciuta fin dall'antichità e se ne sono sempre potute apprezzare le sue proprietà fin dalla notte dei tempi. Il papavero da oppio è una pianta erbacea annuale,con radice a fittone e fusto eretto,poco ramificato e coperto da radi peli,alla sommità del fusto si trova il fiore,che,quando è ancora un bocciolo,si presenta pendente e chiuso tra due foglie; quando si schiude le foglie si aprono e il fiore acquista una forma eretta,il colore del fiore può variare dal rosso,al bianco,al viola, al fucsia,al rosa tenue;quando il fiore perde tutti i petali,la capsula centrale si ingrossa,ed è qui che sono contenuti tutti i suoi principi attivi e le sue proprietà:infatti se si pratica un taglietto sulla capsule esce un liquido biancastro che poi si ossida e diventa sempre più scuro(oppio). Dal latice bianco (oppio)di cui è ripena, si estraggono più di 20 alcaloidi tra cui morfina, codeina, tebaina, papaverina, narcotina ecc. tutti molto tossici che però producono benefici effetti per le loro proprietà antinfiammatorie delle mucose gastrointestinali, astringenti ed antidiarroiche, sedative e calmanti del sistema nervoso centrale, della tosse, degli spasmi del fegato e delle vie biliari, deprimenti dei centri bulbari, spasmolitiche intestinali, antinevralgiche, anestetiche, stupefacenti, ipnotiche. L'uso che si fa dei suoi derivati, deve essere rigorosamente prescritto e seguito dal medico, possono infatti provocare gravissimi avvelenamenti. Il quadro tossicologico è caratterizzato da una sonnolenza, che può progredire fino alla depressione delle funzioni respiratoria e cardiaca. Dopo un primo stato di euforia chi lo consuma percepisce una atmosfera di serenità e sonnolenza piena di sogni, dove l'immaginario si confonde col reale, gli stimoli esterni e le sensazioni sgradevoli sono attenuate. Aumentando uso e dosi però il distacco dalla realtà aumenta a dismisura.
La dipendenza fisica e psichica si manifesta dodici ore dopo l'ultima assunzione con irrequietezza, insonnia, tremori e dolori vari. Un movimento involontario costante degli occhi a sguardo fisso rientra fra la sintomatologia della tossicodipendenza da oppioidi che porta ad apatia ed abbattimento, perdita di iniziativa ed interessi, scarso appetito, dimagrimento.
La dipendenza fisica e psichica si manifesta dodici ore dopo l'ultima assunzione con irrequietezza, insonnia, tremori e dolori vari. Un movimento involontario costante degli occhi a sguardo fisso rientra fra la sintomatologia della tossicodipendenza da oppioidi che porta ad apatia ed abbattimento, perdita di iniziativa ed interessi, scarso appetito, dimagrimento.
19 January, 2011
sono un' appassionata di erboristeria,legata anche alla magia e ai rituali pagani e magici...vediamo di parlare di qualche piantina che utilizzo sia nei rituali che faccio e sia come cosmetici
Sono molto legata al salice bianco(salix alba),in quanto per me è un'albero con una carica magica molto pronunciata,in effetti molte fonti affermano che questa è una pianta molto cara alle streghe,con cui queste ultime costruiscono la loro bacchetta e la loro scopa;anche io ho pensato di usare il salice bianco per costruire la mia bacchetta e l'ho già utilizzato,insieme ad altri alberi e piante per costruire la mia scopa.
In effetti,proprio per le sue caratteristiche di flessibilità,veniva usato per costruire ceste,culle e quant'altro.
I salici crescono soprattutto e prevalentemente vicino i corsi d'acqua e ciò ci rimanda al legame del salice con l'elemento dell'acqua,con il femminile,la luna,l'inconscio,l'occulto e il piano sensibile e spirituale.
Albero caro alla dea Ecate,in inglese viene chiamato "willow" che ha la stessa radice del temine witch(strega);Il salice è stato considerato, sin dagli albori, l’albero della Dea, e della massima espressione della Femminilità. È l’albero della Donna, delle acque e della Luna, della medicina e della magia. il Salice è legato allo stesso tempo al mondo della luce e a quello delle ombre, alla Vita e alla Morte; alla chiarezza, attraverso la preveggenza, e alla confusione, per via delle nebbie che, secondo le leggende, venivano evocate per mezzo di esso.
Nel calendario celtico Ogham il salice è il quinto albero legato al quinto mese, e il cinque è il numero sacro alla Dea. Rappresentava anche il quinto dito della mano, il mignolo (la betulla rappresentava il pollice, il sorbo l’indice, il frassino il medio e l’ontano l’anulare), che era il dito della preveggenza. Tra i greci era considerato un albero particolarmente collegato al mondo dei morti e all’aldilà, per questo i suoi rami furono raffigurati nell’affresco “Paesaggi dell’Odissea” (conservato nei Musei Vaticani) come rivestimento rigoglioso dell’imponente e affascinante porta dell’aldilà. Un altro elemento che poneva il salice sotto le grazie della Dea era dato dai nidi che venivano costruiti sui suoi rami dal torcicollo, uccello sacro alla Madre e famoso perchè sibilava come un serpente, deponeva uova molto bianche e presentava sulle piume dei segni a forma di V, simili a quelli disegnati sulle scaglie dei serpenti oracolari che in Grecia erano consacrati alla Luna e a quelli raffigurati sulle statuette antropomorfe legate al culto matriarcale preistorico.In epoca cristiana il salice mantenne l’unica caratteristica che era accettabile dagli esponenti ecclesiastici, ovvero il suo rimando alla castità pura, alla verginità della Madonna e all’opportuno atteggiamento che i fedeli dovevano tenere, per condurre una via retta e giusta.
Purtroppo però non tutta la cristianità era in accordo con questa visione, tanto che lo stesso salice era ritenuto “maledetto”, “malefico” e diabolico, perché sacro alle antiche divinità femminili (Persefone, Era, Ecate) e, successivamente, alle streghe. A questo proposito si ricorda la scopa delle streghe famosa nelle campagne inglesi, che si diceva fosse costruita con un manico di frassino, perché salva dall’annegamento, con rametti di betulla, perché gli spiriti malevoli vi rimanevano impigliati, e legata con il salice (vimini), perché sacro ad Ecate.
Nel Niemen, invece, era abitudine delle contadine coronare di fiori e doni questo albero, per rappresentare la Grande Madre, e pregarlo di concedere fortuna e fertilità. Non riuscendo ad estirpare e debellare questa usanza profondamente pagana e radicata nei cuori della gente del posto, i preti non poterono fare altro che inchiodare un crocifisso al tronco dell’albero.
E’ interessante notare come, in quanto lenitivo dei dolori reumatici, il Salice sia un ottimo esempio di come la natura offra la cura nello stesso luogo in cui si manifesta la malattia, in questo caso le zone particolarmente umide.
Per omaggiare la Dea tritate le foglie del Salice bianco ed aggiungete un rametto di Biancospino, un po' di Mughetto e petali di Rosa bianca: tritare nel mortaio e farne un composto abbastanza sottile. Bruciatelo sull'altare come omaggio alla Dea, o chiedendole aiuto in campo amoroso.
Per la divinazione tritare le foglie ed i rametti più sottili del Salice bianco, unire benzoino, peonia, chiodi di garofano, verbena,artemisia in parti uguali. Preparatevi alla divinazione bruciando questa miscela in presenza di un quarzo.
Per la protezione tritate il Salice e aggiungete mirra, sandalo, basilico, issopo. bruciate questa miscela per ogni rito di protezione: tenete con voi uno staurolito che è gradito ai 4 elementi e vi proteggerà aumentando le vibrazioni protettive.
L'elemento legato al Salice è la Terra ed il suo metallo il piombo: alcune delle pietre legate a questo elemento sono Kunzite, Crisoprasio, Carbone,Allume, Amazzonite.Legato alla Luna e alle Acque, il Salice è da sempre connesso alle qualità tipiche femminili, in particolare a quelle psichiche e divinatorie, ma è anche associato tanto alla guarigione quanto alla magia, all’intuizione, alla musica e alla poesia bardica; sacro ai poeti, si diceva che fosse il “vento tra i salici” a portar loro l’ispirazione.
In effetti,proprio per le sue caratteristiche di flessibilità,veniva usato per costruire ceste,culle e quant'altro.
I salici crescono soprattutto e prevalentemente vicino i corsi d'acqua e ciò ci rimanda al legame del salice con l'elemento dell'acqua,con il femminile,la luna,l'inconscio,l'occulto e il piano sensibile e spirituale.
Albero caro alla dea Ecate,in inglese viene chiamato "willow" che ha la stessa radice del temine witch(strega);Il salice è stato considerato, sin dagli albori, l’albero della Dea, e della massima espressione della Femminilità. È l’albero della Donna, delle acque e della Luna, della medicina e della magia. il Salice è legato allo stesso tempo al mondo della luce e a quello delle ombre, alla Vita e alla Morte; alla chiarezza, attraverso la preveggenza, e alla confusione, per via delle nebbie che, secondo le leggende, venivano evocate per mezzo di esso.
Nel calendario celtico Ogham il salice è il quinto albero legato al quinto mese, e il cinque è il numero sacro alla Dea. Rappresentava anche il quinto dito della mano, il mignolo (la betulla rappresentava il pollice, il sorbo l’indice, il frassino il medio e l’ontano l’anulare), che era il dito della preveggenza. Tra i greci era considerato un albero particolarmente collegato al mondo dei morti e all’aldilà, per questo i suoi rami furono raffigurati nell’affresco “Paesaggi dell’Odissea” (conservato nei Musei Vaticani) come rivestimento rigoglioso dell’imponente e affascinante porta dell’aldilà. Un altro elemento che poneva il salice sotto le grazie della Dea era dato dai nidi che venivano costruiti sui suoi rami dal torcicollo, uccello sacro alla Madre e famoso perchè sibilava come un serpente, deponeva uova molto bianche e presentava sulle piume dei segni a forma di V, simili a quelli disegnati sulle scaglie dei serpenti oracolari che in Grecia erano consacrati alla Luna e a quelli raffigurati sulle statuette antropomorfe legate al culto matriarcale preistorico.In epoca cristiana il salice mantenne l’unica caratteristica che era accettabile dagli esponenti ecclesiastici, ovvero il suo rimando alla castità pura, alla verginità della Madonna e all’opportuno atteggiamento che i fedeli dovevano tenere, per condurre una via retta e giusta.
Purtroppo però non tutta la cristianità era in accordo con questa visione, tanto che lo stesso salice era ritenuto “maledetto”, “malefico” e diabolico, perché sacro alle antiche divinità femminili (Persefone, Era, Ecate) e, successivamente, alle streghe. A questo proposito si ricorda la scopa delle streghe famosa nelle campagne inglesi, che si diceva fosse costruita con un manico di frassino, perché salva dall’annegamento, con rametti di betulla, perché gli spiriti malevoli vi rimanevano impigliati, e legata con il salice (vimini), perché sacro ad Ecate.
Nel Niemen, invece, era abitudine delle contadine coronare di fiori e doni questo albero, per rappresentare la Grande Madre, e pregarlo di concedere fortuna e fertilità. Non riuscendo ad estirpare e debellare questa usanza profondamente pagana e radicata nei cuori della gente del posto, i preti non poterono fare altro che inchiodare un crocifisso al tronco dell’albero.
Appartenente alla famiglia delle Salicacee. Ama terreni molto umidi e ventilati cresce nei pressi dei corsi d’acqua, resistendo piuttosto bene alle piene e mantenendosi saldamente aggrappato al terreno. le sue radici piatte possono cedere ad una corrente troppo forte e l’albero può staccarsi dal terreno e seguire la corrente, approdando a nuovi terreni e germogliando nuovamente. La sua capacità rigenerativa è per questo molto conosciuta. il salice presenta un fusto screpolato, specialmente negli esemplari vecchi; rami flessibili e foglie lanceolate, seghettate, lunghe e appuntite, di colore argentato nella pagina inferiore. I fiori (aprile/maggio), sono giallo/verdi. Non ha odore e il sapore è amaro.Famoso per la sua salicina, che a contatto col corpo umano si ossida e diventa acido salicilico, il salice veniva usato fin dai tempi antichi per le sue proprietà sudorifere, altamente astringenti e sedative, per curare dolori reumatici e febbre, e dal 1827 per produrre l’aspirina. Come l’aspirina però anche il salice irrita le pareti interne dello stomaco e quindi, al giorno d’oggi, non viene più consigliato. Può comunque essere usato per fare gargarismi e sciacqui, in caso di irritazioni della gola e infiammazioni alle gengive. La polvere di corteccia è anche utile per alleviare eritemi cutanei dovuti ad irritazioni. Tutte le specie diverse di Salix dalle foglie lunghe e strette possiedono le stesse virtù terapeutiche.La corteccia può essere usata per curare varie tipologie di dolore, come ad esempio i reumatismi, ma possiede anche effetti sudoriferi, astringenti e, come già accennato, febbrifughi. La salicina, principale componente attiva, ossida nel corpo umano in acido salicilico, dal quale nel 1827 fu sintetizzato l’acido acetilsalicilico, comunemente noto col nome di aspirina. Questo farmaco, come la stessa corteccia del Salice, possiede però uno svantaggio: a lungo andare irrita le pareti interne dello stomaco, apportando problemi considerevoli causati da un uso smodato.
La corteccia, contenente tannino, è tuttavia cicatrizzante e disinfettante, e può essere usata per gargarismi nel caso di gengivite o infezioni del cavo orale, oppure come pediluvio contro l’eccessiva sudorazione. In passato è stata usata anche per trattare infiammazioni del tratto digestivo, problemi a reni e vescica, e contro eruzioni cutanee e nevralgie. Pare che tra i popoli celtici fosse già utilizzata per combattere le febbri sotto forma di tisana o macerata nella birra o nel sidro, mentre la cenere e le foglie del Salice pestati assieme risultavano un impiastro efficace contro le verruche.E’ interessante notare come, in quanto lenitivo dei dolori reumatici, il Salice sia un ottimo esempio di come la natura offra la cura nello stesso luogo in cui si manifesta la malattia, in questo caso le zone particolarmente umide.
Nei Fiori di Bach, il Salice Giallo (Willow) è indicato per chi tende da incolpare gli altri, o le circostanze, per le proprie disgrazie, poiché è in grado di rafforzare il senso di responsabilità personale e aiuta a pensare in modo costruttivo, o per chi non si sente sufficientemente ricompensato e amato dalla vita, nonostante gli sforzi.L'uso del Salice Bianco in magia, si presta alla preparazione di incensi da offrire alla Dea e nei rituali ad essa dedicati.
Anche per la divinazione e la protezione si possono realizzare alcune miscele di incenso molto utili .Per omaggiare la Dea tritate le foglie del Salice bianco ed aggiungete un rametto di Biancospino, un po' di Mughetto e petali di Rosa bianca: tritare nel mortaio e farne un composto abbastanza sottile. Bruciatelo sull'altare come omaggio alla Dea, o chiedendole aiuto in campo amoroso.
Per la divinazione tritare le foglie ed i rametti più sottili del Salice bianco, unire benzoino, peonia, chiodi di garofano, verbena,artemisia in parti uguali. Preparatevi alla divinazione bruciando questa miscela in presenza di un quarzo.
Per la protezione tritate il Salice e aggiungete mirra, sandalo, basilico, issopo. bruciate questa miscela per ogni rito di protezione: tenete con voi uno staurolito che è gradito ai 4 elementi e vi proteggerà aumentando le vibrazioni protettive.
L'elemento legato al Salice è la Terra ed il suo metallo il piombo: alcune delle pietre legate a questo elemento sono Kunzite, Crisoprasio, Carbone,Allume, Amazzonite.Legato alla Luna e alle Acque, il Salice è da sempre connesso alle qualità tipiche femminili, in particolare a quelle psichiche e divinatorie, ma è anche associato tanto alla guarigione quanto alla magia, all’intuizione, alla musica e alla poesia bardica; sacro ai poeti, si diceva che fosse il “vento tra i salici” a portar loro l’ispirazione.
Era forse anche per quest’ultimo motivo che sovente veniva utilizzato dai Celti per la costruzione di arpe. L’arpa celtica più antica e meglio conservata, pare essere quella di Brian Boru, risalente al XII secolo: il corpo dello strumento venne intagliato in un unico pezzo di legno di Salice, mentre il ginocchio e la colonna furono ricavati da legno di Quercia. Fusione, questa, che vede armonizzarsi perfettamente il principio femminile del Salice con quello maschile della Quercia.
Vi è un'interessante leggenda gaelica che vede protagonista il Salice e il suo rapporto con la musica: secondo la narrazione vi era un tempo un re di nome Labra, il Marinaio, che era solito farsi tagliare i capelli una volta l'anno da un uomo che in seguito veniva messo inevitabilmente a morte. Il timore del re era, sembra, che qualcuno potesse venire a conoscenza del suo segreto, ovvero che possedeva orecchie di una lunghezza davvero spropositata. Tuttavia accadde una volta che l'addetto al taglio dei capelli regali fosse anche l'unico figlio di una vedova, che con pianti infiniti e disperati mosse il re a commozione, così che la vita del giovane fu risparmiata. A condizione, però, che mai e poi mai rivelasse ad alcuno quella sua particolarità fisica. Ma col passare del tempo il peso di quel segreto divenne insostenibile, ed il ragazzo cadde malato. Fu perciò chiamato un Druido, che gli consigliò di percorrere una strada nel bosco fino ad un punto in cui si incrociassero quattro vie; qui avrebbe dovuto prendere quella di destra e confidare il suo segreto al primo albero che avrebbe incontrato. Il giovane seguì il consiglio e il primo albero che incontrò fu un Salice, al quale confidò il suo fardello e grazie al quale potè guarire. Non passò molto tempo che l'arpista Craftiny decise di fabbricarsi una nuova arpa, usando proprio il legno di quel Salice. La notte stessa fu invitato come al solito a suonare al banchetto del re, ma come toccò le corde dello strumento, da queste uscì una voce che svelò a tutti l'imbarazzante segreto di re Labra.
Racconto curioso quanto interessante, che potrebbe nascondere tra le righe il potere di quest'albero di svelare segreti e misteri occultati.
Vi è un'interessante leggenda gaelica che vede protagonista il Salice e il suo rapporto con la musica: secondo la narrazione vi era un tempo un re di nome Labra, il Marinaio, che era solito farsi tagliare i capelli una volta l'anno da un uomo che in seguito veniva messo inevitabilmente a morte. Il timore del re era, sembra, che qualcuno potesse venire a conoscenza del suo segreto, ovvero che possedeva orecchie di una lunghezza davvero spropositata. Tuttavia accadde una volta che l'addetto al taglio dei capelli regali fosse anche l'unico figlio di una vedova, che con pianti infiniti e disperati mosse il re a commozione, così che la vita del giovane fu risparmiata. A condizione, però, che mai e poi mai rivelasse ad alcuno quella sua particolarità fisica. Ma col passare del tempo il peso di quel segreto divenne insostenibile, ed il ragazzo cadde malato. Fu perciò chiamato un Druido, che gli consigliò di percorrere una strada nel bosco fino ad un punto in cui si incrociassero quattro vie; qui avrebbe dovuto prendere quella di destra e confidare il suo segreto al primo albero che avrebbe incontrato. Il giovane seguì il consiglio e il primo albero che incontrò fu un Salice, al quale confidò il suo fardello e grazie al quale potè guarire. Non passò molto tempo che l'arpista Craftiny decise di fabbricarsi una nuova arpa, usando proprio il legno di quel Salice. La notte stessa fu invitato come al solito a suonare al banchetto del re, ma come toccò le corde dello strumento, da queste uscì una voce che svelò a tutti l'imbarazzante segreto di re Labra.
Racconto curioso quanto interessante, che potrebbe nascondere tra le righe il potere di quest'albero di svelare segreti e misteri occultati.
In Scozia il Salice rappresentava forza e armonia; un bastone del suo legno, senza corteccia, serviva al Signore delle Isole come Verga della Giustizia, e veniva inoltre adoperato nelle cerimonie d’iniziazione.
Nelle campagne celtiche i contadini erano soliti percuotere con rami di Salice i fianchi del bestiame, per propiziarne la fecondità, e il suo potere veniva inoltre evocato per agevolare i parti.
E’ interessante notare come anticamente il legno di quest’albero fosse utilizzato in special modo per creare vasi e contenitori di vario tipo, oggetti in grado di contenere o ricevere… tipica simbologia del grembo femminile. Difatti, nell’arpa celtica suddetta, è il corpo cavo che riceve la vibrazione della corda, mutandola, e portando così alla vita un suono capace di incantare. Possiede, quindi, il potere di trasformare, oltre che di generare, e questo fatto riporta inevitabilmente alla concezione di Nascita/Morte/Rinascita che gli antichi attribuivano alla Dea Madre e al Sacro Femminino in generale.
Gli stessi Greci associavano il Salice alla Madre Terra che, appunto, perpetuamente genera, per poi riprendere in sé il frutto del proprio grembo e nuovamente rilasciarlo; questo ragionamento fu probabilmente causato dall’osservazione dei frutti del Salice che maturano, e quindi cadono, in tempi incredibilmente brevi, e pare abbia portato gli antichi a ritenere quest’albero come una sorta di “uccisore della propria prole”. Per questo motivo venne attribuita ad esso una duplice valenza: sia di protettore della castità (in quanto distruttore di frutti), sia di invito alla fecondità (riferita, appunto, alla sua associazione con la Dea Terra).
Nel suo aspetto oscuro può rappresentare la Morte nella Vita e la Vita nella Morte; alcune punte di freccia rinvenute nelle tombe fra il 2500 e il 2000 a.C. pare non fossero armi, bensì oggetti presenti in riti di tipo funerario. E' tra l'altro ipotizzabile che il suo legno possa essere stato utilizzato anche durante sacrifici rituali.
Nell'alfabeto Ogham le prime cinque lettere erano associate alla punta delle dita, la parte più sensibile della mano usata per determinati incantesimi druidici quali il dichetal do chennaib e il teinm laída; qui il Salice era corrisposto al mignolo, il dito della preveggenza.
Nelle campagne celtiche i contadini erano soliti percuotere con rami di Salice i fianchi del bestiame, per propiziarne la fecondità, e il suo potere veniva inoltre evocato per agevolare i parti.
E’ interessante notare come anticamente il legno di quest’albero fosse utilizzato in special modo per creare vasi e contenitori di vario tipo, oggetti in grado di contenere o ricevere… tipica simbologia del grembo femminile. Difatti, nell’arpa celtica suddetta, è il corpo cavo che riceve la vibrazione della corda, mutandola, e portando così alla vita un suono capace di incantare. Possiede, quindi, il potere di trasformare, oltre che di generare, e questo fatto riporta inevitabilmente alla concezione di Nascita/Morte/Rinascita che gli antichi attribuivano alla Dea Madre e al Sacro Femminino in generale.
Gli stessi Greci associavano il Salice alla Madre Terra che, appunto, perpetuamente genera, per poi riprendere in sé il frutto del proprio grembo e nuovamente rilasciarlo; questo ragionamento fu probabilmente causato dall’osservazione dei frutti del Salice che maturano, e quindi cadono, in tempi incredibilmente brevi, e pare abbia portato gli antichi a ritenere quest’albero come una sorta di “uccisore della propria prole”. Per questo motivo venne attribuita ad esso una duplice valenza: sia di protettore della castità (in quanto distruttore di frutti), sia di invito alla fecondità (riferita, appunto, alla sua associazione con la Dea Terra).
Nel suo aspetto oscuro può rappresentare la Morte nella Vita e la Vita nella Morte; alcune punte di freccia rinvenute nelle tombe fra il 2500 e il 2000 a.C. pare non fossero armi, bensì oggetti presenti in riti di tipo funerario. E' tra l'altro ipotizzabile che il suo legno possa essere stato utilizzato anche durante sacrifici rituali.
Nell'alfabeto Ogham le prime cinque lettere erano associate alla punta delle dita, la parte più sensibile della mano usata per determinati incantesimi druidici quali il dichetal do chennaib e il teinm laída; qui il Salice era corrisposto al mignolo, il dito della preveggenza.
I boccioli del Salice, che appaiono all'inizio della primavera, sono una grande attrazione per le api che in questo periodo iniziano il ciclo dell'impollinazione. Nell'antichità si diceva che le api selvatiche possiedono la saggezza della Dea proprio per aver succhiato il nettare del Salice, oltre a quello dell'Erica. In quanto animali sacri all'aspetto femminile del divino, le api sono anche ritenute sue messaggere, e il loro nutrirsi del polline di Salice dona a quest'albero un significato ancora più profondo.
Ma il Salice non era associato solo alla Dea Madre in ogni suo aspetto, bensì anche a divinità femminili ben precise: la maga Circe, ad esempio, possedeva un boschetto di Salici consacrato ad Ecate, Dea infera della magia e degli incanti. In questo bosco, sulle cime dei sacri alberi, Circe esponeva cadaveri di uomini avvolti in pelle di vacca non conciata. Se teniamo conto della simbologia trasformatrice ed iniziatrice di Circe, in quanto Maga/Dea capace di tramutare in animali dei comuni mortali, possiamo tornare al concetto sopra esposto di energia rinnovatrice... dalla Morte iniziatica si ha una nuova Vita, una nuova forma di esistenza spiritualmente più evoluta.
Anche Era, sposa di Zeus e Madre degli Dei, ebbe nel suo passato a che fare con quest’albero, in quanto nacque tra i Salici dell’Heràion di Samo; e persino Artemide, a Sparta, veniva associata ad esso tramite l’epiteto di Orthia o Lygosdesma, per la sua abitudine di adornarsi con rami di Lygos, un tipo di Salice. Orfeo, una tra le principali icone dell’ispirazione musicale e poetica, ricevette in dono l’eloquenza toccando i Salici di un boschetto sacro a Persefone, come testimonia Pausania nella sua descrizione del dipinto di Polignoto a Delfi. Sul monte Elicona, chiamato così per via dei suoi nove Salici (da Heliké in greco antico), dimoravano le Muse, originariamente sacerdotesse orgiastiche della Dea Luna, se non addirittura i nove Salici stessi. Ed Helike era anche il nome della sorella di Amaltea, colei che nutrì di latte e miele Zeus infante.
Nel giorno delle sacre Tesmoforie, durante le quali si rievocava il mito di Demetra e Kore, il Salice dimostrava la sua doppia natura: le donne, per riposare, preparavano giacigli con rami di Salice, posti a diretto contatto con la Madre Terra. Il Salice distruttore di frutti, ma anche simbolo del Grembo divino, diveniva al contempo Madre e Vergine, “germogliante e casta, vivente e morta”, come ama scrivere Hugo Rahner.
Ma il Salice non era associato solo alla Dea Madre in ogni suo aspetto, bensì anche a divinità femminili ben precise: la maga Circe, ad esempio, possedeva un boschetto di Salici consacrato ad Ecate, Dea infera della magia e degli incanti. In questo bosco, sulle cime dei sacri alberi, Circe esponeva cadaveri di uomini avvolti in pelle di vacca non conciata. Se teniamo conto della simbologia trasformatrice ed iniziatrice di Circe, in quanto Maga/Dea capace di tramutare in animali dei comuni mortali, possiamo tornare al concetto sopra esposto di energia rinnovatrice... dalla Morte iniziatica si ha una nuova Vita, una nuova forma di esistenza spiritualmente più evoluta.
Anche Era, sposa di Zeus e Madre degli Dei, ebbe nel suo passato a che fare con quest’albero, in quanto nacque tra i Salici dell’Heràion di Samo; e persino Artemide, a Sparta, veniva associata ad esso tramite l’epiteto di Orthia o Lygosdesma, per la sua abitudine di adornarsi con rami di Lygos, un tipo di Salice. Orfeo, una tra le principali icone dell’ispirazione musicale e poetica, ricevette in dono l’eloquenza toccando i Salici di un boschetto sacro a Persefone, come testimonia Pausania nella sua descrizione del dipinto di Polignoto a Delfi. Sul monte Elicona, chiamato così per via dei suoi nove Salici (da Heliké in greco antico), dimoravano le Muse, originariamente sacerdotesse orgiastiche della Dea Luna, se non addirittura i nove Salici stessi. Ed Helike era anche il nome della sorella di Amaltea, colei che nutrì di latte e miele Zeus infante.
Nel giorno delle sacre Tesmoforie, durante le quali si rievocava il mito di Demetra e Kore, il Salice dimostrava la sua doppia natura: le donne, per riposare, preparavano giacigli con rami di Salice, posti a diretto contatto con la Madre Terra. Il Salice distruttore di frutti, ma anche simbolo del Grembo divino, diveniva al contempo Madre e Vergine, “germogliante e casta, vivente e morta”, come ama scrivere Hugo Rahner.
Il legame con la Luna e la guarigione, nel medioevo ha trasformato il Salice nell’albero prediletto dalle streghe.
Nell’Europa settentrionale, secondo Graves, la sua associazione con le fattucchiere era così forte che le parole “witch”, strega, e “wicked”, malvagio, possano derivare da un antico nome del Salice. Altrettanto la parola “wicker”, vimini...
Nelle campagne inglesi si dice ancora oggi che le scope delle streghe siano fatte con un bastone di Frassino, rametti di Betulla, e legacci di vimine... il primo per salvarle dall’annegamento, il secondo per impigliarvi gli spiriti maligni, e il Salice, infine, perché caro ad Ecate, come già accennato. Nello stesso modo, le streghe dell’isola di Sein si imbarcavano per mare su ceste fatte di vimini, e qui praticavano i loro malefici.
In Lituania, al contrario, sopravvisse per molto tempo il culto della Dea lunare, chiamata Blinda, il cui nome significa, appunto, Salice. Secondo il mito che la riguarda, la Dea possedeva una tale fecondità da consentirle di partorire anche da mani, piedi e testa. La Dea Terra, ingelosita da ciò, un giorno in cui Blinda camminava lungo un prato palustre, le fece affondare i piedi nel fango, imprigionandola e trasformandola per sempre in un albero.
Scrive Cattabiani che intorno al 1805, nel villaggio di Kalnekai, sulla riva destra del Niemen, delle contadine erano ancora solite recarsi nei pressi di un vecchio Salice adorno di ghirlande di fiori, pregandolo per la fortuna e la moltiplicazione dei bambini. Il clero cattolico, dopo aver inutilmente tentato di far cessare quell’usanza pagana, dovette rassegnarsi a porre un crocifisso sul tronco dell’albero...
Nell’Europa settentrionale, secondo Graves, la sua associazione con le fattucchiere era così forte che le parole “witch”, strega, e “wicked”, malvagio, possano derivare da un antico nome del Salice. Altrettanto la parola “wicker”, vimini...
Nelle campagne inglesi si dice ancora oggi che le scope delle streghe siano fatte con un bastone di Frassino, rametti di Betulla, e legacci di vimine... il primo per salvarle dall’annegamento, il secondo per impigliarvi gli spiriti maligni, e il Salice, infine, perché caro ad Ecate, come già accennato. Nello stesso modo, le streghe dell’isola di Sein si imbarcavano per mare su ceste fatte di vimini, e qui praticavano i loro malefici.
In Lituania, al contrario, sopravvisse per molto tempo il culto della Dea lunare, chiamata Blinda, il cui nome significa, appunto, Salice. Secondo il mito che la riguarda, la Dea possedeva una tale fecondità da consentirle di partorire anche da mani, piedi e testa. La Dea Terra, ingelosita da ciò, un giorno in cui Blinda camminava lungo un prato palustre, le fece affondare i piedi nel fango, imprigionandola e trasformandola per sempre in un albero.
Scrive Cattabiani che intorno al 1805, nel villaggio di Kalnekai, sulla riva destra del Niemen, delle contadine erano ancora solite recarsi nei pressi di un vecchio Salice adorno di ghirlande di fiori, pregandolo per la fortuna e la moltiplicazione dei bambini. Il clero cattolico, dopo aver inutilmente tentato di far cessare quell’usanza pagana, dovette rassegnarsi a porre un crocifisso sul tronco dell’albero...
Il Salice, dunque, è Luna, Donna, Dea ed Acqua... tutti questi aspetti muliebri fanno parte della sua natura, della sua essenza; perciò, come abbiamo visto, esso diviene l'albero della visione, della sensitività, dell'ispirazione poetica in ogni sua forma. Ma è anche l'albero della trasformazione interiore, dell'incanto e della magia, quella stessa magia che da sempre attrae e affascina l'essere umano, per sua natura assetato di Conoscenza.
Com’è anche un albero divinatorio ed onirico, in quanto la Luna è l'astro notturno che svela profezie, che solleva i veli della realtà materiale per mostrare quel mondo impalpabile che pare sempre così sfuggente, così lontano, eppure allo stesso tempo tanto vicino, situato addirittura dentro di noi. E' un albero psicopompo, in grado d'accompagnare nell'Altromondo, quello, appunto, del Sogno e dell'immateriale.
E' la mano forte e salda che ci sorregge durante il viaggio, è il grembo liquido che ci custodisce mentre sorvoliamo quei paesaggi arcani, scoprendo tesori nascosti e arricchendoci di nuove consapevolezze, e che ci guarisce quando ci feriamo o ci ammaliamo di dolore. E' protettivo, amorevole, ma, se necessario, può divenire fatale, quasi spietato. Ha in sé il triplice volto divino: l'innocenza fanciullesca, l'amorevole passione, la mano scheletrica che infonde morte ai propri figli...
Le sue radici cercano l'abbraccio del terreno acquoso, bagnato. E' un ricercare il ritorno alle origini, all'umido tepore della Madre, mentre con tutto il suo corpo si solleva più che può sino al Cielo, desideroso di sfiorare quel volto argentato e materno che nella notte osserva con pazienza, benedicendolo. Poi, stanco, abbassa sinuoso le braccia vegetali, per cercare nuovamente conforto nella calda Gea, adorno di raggi lunari rubati di soppiatto e posati con civetteria femminile sulle proprie piccole e sottili foglie. E forse, abbassando lo sguardo sulla superficie dell'acqua, si sofferma a contemplarne i riflessi opalescenti e, ipnotizzato, inizia così a sognare a sua volta.
Com’è anche un albero divinatorio ed onirico, in quanto la Luna è l'astro notturno che svela profezie, che solleva i veli della realtà materiale per mostrare quel mondo impalpabile che pare sempre così sfuggente, così lontano, eppure allo stesso tempo tanto vicino, situato addirittura dentro di noi. E' un albero psicopompo, in grado d'accompagnare nell'Altromondo, quello, appunto, del Sogno e dell'immateriale.
E' la mano forte e salda che ci sorregge durante il viaggio, è il grembo liquido che ci custodisce mentre sorvoliamo quei paesaggi arcani, scoprendo tesori nascosti e arricchendoci di nuove consapevolezze, e che ci guarisce quando ci feriamo o ci ammaliamo di dolore. E' protettivo, amorevole, ma, se necessario, può divenire fatale, quasi spietato. Ha in sé il triplice volto divino: l'innocenza fanciullesca, l'amorevole passione, la mano scheletrica che infonde morte ai propri figli...
Le sue radici cercano l'abbraccio del terreno acquoso, bagnato. E' un ricercare il ritorno alle origini, all'umido tepore della Madre, mentre con tutto il suo corpo si solleva più che può sino al Cielo, desideroso di sfiorare quel volto argentato e materno che nella notte osserva con pazienza, benedicendolo. Poi, stanco, abbassa sinuoso le braccia vegetali, per cercare nuovamente conforto nella calda Gea, adorno di raggi lunari rubati di soppiatto e posati con civetteria femminile sulle proprie piccole e sottili foglie. E forse, abbassando lo sguardo sulla superficie dell'acqua, si sofferma a contemplarne i riflessi opalescenti e, ipnotizzato, inizia così a sognare a sua volta.
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