In effetti,proprio per le sue caratteristiche di flessibilità,veniva usato per costruire ceste,culle e quant'altro.
I salici crescono soprattutto e prevalentemente vicino i corsi d'acqua e ciò ci rimanda al legame del salice con l'elemento dell'acqua,con il femminile,la luna,l'inconscio,l'occulto e il piano sensibile e spirituale.
Albero caro alla dea Ecate,in inglese viene chiamato "willow" che ha la stessa radice del temine witch(strega);Il salice è stato considerato, sin dagli albori, l’albero della Dea, e della massima espressione della Femminilità. È l’albero della Donna, delle acque e della Luna, della medicina e della magia. il Salice è legato allo stesso tempo al mondo della luce e a quello delle ombre, alla Vita e alla Morte; alla chiarezza, attraverso la preveggenza, e alla confusione, per via delle nebbie che, secondo le leggende, venivano evocate per mezzo di esso.
Nel calendario celtico Ogham il salice è il quinto albero legato al quinto mese, e il cinque è il numero sacro alla Dea. Rappresentava anche il quinto dito della mano, il mignolo (la betulla rappresentava il pollice, il sorbo l’indice, il frassino il medio e l’ontano l’anulare), che era il dito della preveggenza. Tra i greci era considerato un albero particolarmente collegato al mondo dei morti e all’aldilà, per questo i suoi rami furono raffigurati nell’affresco “Paesaggi dell’Odissea” (conservato nei Musei Vaticani) come rivestimento rigoglioso dell’imponente e affascinante porta dell’aldilà. Un altro elemento che poneva il salice sotto le grazie della Dea era dato dai nidi che venivano costruiti sui suoi rami dal torcicollo, uccello sacro alla Madre e famoso perchè sibilava come un serpente, deponeva uova molto bianche e presentava sulle piume dei segni a forma di V, simili a quelli disegnati sulle scaglie dei serpenti oracolari che in Grecia erano consacrati alla Luna e a quelli raffigurati sulle statuette antropomorfe legate al culto matriarcale preistorico.In epoca cristiana il salice mantenne l’unica caratteristica che era accettabile dagli esponenti ecclesiastici, ovvero il suo rimando alla castità pura, alla verginità della Madonna e all’opportuno atteggiamento che i fedeli dovevano tenere, per condurre una via retta e giusta.
Purtroppo però non tutta la cristianità era in accordo con questa visione, tanto che lo stesso salice era ritenuto “maledetto”, “malefico” e diabolico, perché sacro alle antiche divinità femminili (Persefone, Era, Ecate) e, successivamente, alle streghe. A questo proposito si ricorda la scopa delle streghe famosa nelle campagne inglesi, che si diceva fosse costruita con un manico di frassino, perché salva dall’annegamento, con rametti di betulla, perché gli spiriti malevoli vi rimanevano impigliati, e legata con il salice (vimini), perché sacro ad Ecate.
Nel Niemen, invece, era abitudine delle contadine coronare di fiori e doni questo albero, per rappresentare la Grande Madre, e pregarlo di concedere fortuna e fertilità. Non riuscendo ad estirpare e debellare questa usanza profondamente pagana e radicata nei cuori della gente del posto, i preti non poterono fare altro che inchiodare un crocifisso al tronco dell’albero.
Appartenente alla famiglia delle Salicacee. Ama terreni molto umidi e ventilati cresce nei pressi dei corsi d’acqua, resistendo piuttosto bene alle piene e mantenendosi saldamente aggrappato al terreno. le sue radici piatte possono cedere ad una corrente troppo forte e l’albero può staccarsi dal terreno e seguire la corrente, approdando a nuovi terreni e germogliando nuovamente. La sua capacità rigenerativa è per questo molto conosciuta. il salice presenta un fusto screpolato, specialmente negli esemplari vecchi; rami flessibili e foglie lanceolate, seghettate, lunghe e appuntite, di colore argentato nella pagina inferiore. I fiori (aprile/maggio), sono giallo/verdi. Non ha odore e il sapore è amaro.Famoso per la sua salicina, che a contatto col corpo umano si ossida e diventa acido salicilico, il salice veniva usato fin dai tempi antichi per le sue proprietà sudorifere, altamente astringenti e sedative, per curare dolori reumatici e febbre, e dal 1827 per produrre l’aspirina. Come l’aspirina però anche il salice irrita le pareti interne dello stomaco e quindi, al giorno d’oggi, non viene più consigliato. Può comunque essere usato per fare gargarismi e sciacqui, in caso di irritazioni della gola e infiammazioni alle gengive. La polvere di corteccia è anche utile per alleviare eritemi cutanei dovuti ad irritazioni. Tutte le specie diverse di Salix dalle foglie lunghe e strette possiedono le stesse virtù terapeutiche.La corteccia può essere usata per curare varie tipologie di dolore, come ad esempio i reumatismi, ma possiede anche effetti sudoriferi, astringenti e, come già accennato, febbrifughi. La salicina, principale componente attiva, ossida nel corpo umano in acido salicilico, dal quale nel 1827 fu sintetizzato l’acido acetilsalicilico, comunemente noto col nome di aspirina. Questo farmaco, come la stessa corteccia del Salice, possiede però uno svantaggio: a lungo andare irrita le pareti interne dello stomaco, apportando problemi considerevoli causati da un uso smodato.
La corteccia, contenente tannino, è tuttavia cicatrizzante e disinfettante, e può essere usata per gargarismi nel caso di gengivite o infezioni del cavo orale, oppure come pediluvio contro l’eccessiva sudorazione. In passato è stata usata anche per trattare infiammazioni del tratto digestivo, problemi a reni e vescica, e contro eruzioni cutanee e nevralgie. Pare che tra i popoli celtici fosse già utilizzata per combattere le febbri sotto forma di tisana o macerata nella birra o nel sidro, mentre la cenere e le foglie del Salice pestati assieme risultavano un impiastro efficace contro le verruche.E’ interessante notare come, in quanto lenitivo dei dolori reumatici, il Salice sia un ottimo esempio di come la natura offra la cura nello stesso luogo in cui si manifesta la malattia, in questo caso le zone particolarmente umide.
Nei Fiori di Bach, il Salice Giallo (Willow) è indicato per chi tende da incolpare gli altri, o le circostanze, per le proprie disgrazie, poiché è in grado di rafforzare il senso di responsabilità personale e aiuta a pensare in modo costruttivo, o per chi non si sente sufficientemente ricompensato e amato dalla vita, nonostante gli sforzi.L'uso del Salice Bianco in magia, si presta alla preparazione di incensi da offrire alla Dea e nei rituali ad essa dedicati.
Anche per la divinazione e la protezione si possono realizzare alcune miscele di incenso molto utili .Per omaggiare la Dea tritate le foglie del Salice bianco ed aggiungete un rametto di Biancospino, un po' di Mughetto e petali di Rosa bianca: tritare nel mortaio e farne un composto abbastanza sottile. Bruciatelo sull'altare come omaggio alla Dea, o chiedendole aiuto in campo amoroso.
Per la divinazione tritare le foglie ed i rametti più sottili del Salice bianco, unire benzoino, peonia, chiodi di garofano, verbena,artemisia in parti uguali. Preparatevi alla divinazione bruciando questa miscela in presenza di un quarzo.
Per la protezione tritate il Salice e aggiungete mirra, sandalo, basilico, issopo. bruciate questa miscela per ogni rito di protezione: tenete con voi uno staurolito che è gradito ai 4 elementi e vi proteggerà aumentando le vibrazioni protettive.
L'elemento legato al Salice è la Terra ed il suo metallo il piombo: alcune delle pietre legate a questo elemento sono Kunzite, Crisoprasio, Carbone,Allume, Amazzonite.Legato alla Luna e alle Acque, il Salice è da sempre connesso alle qualità tipiche femminili, in particolare a quelle psichiche e divinatorie, ma è anche associato tanto alla guarigione quanto alla magia, all’intuizione, alla musica e alla poesia bardica; sacro ai poeti, si diceva che fosse il “vento tra i salici” a portar loro l’ispirazione.
Era forse anche per quest’ultimo motivo che sovente veniva utilizzato dai Celti per la costruzione di arpe. L’arpa celtica più antica e meglio conservata, pare essere quella di Brian Boru, risalente al XII secolo: il corpo dello strumento venne intagliato in un unico pezzo di legno di Salice, mentre il ginocchio e la colonna furono ricavati da legno di Quercia. Fusione, questa, che vede armonizzarsi perfettamente il principio femminile del Salice con quello maschile della Quercia.
Vi è un'interessante leggenda gaelica che vede protagonista il Salice e il suo rapporto con la musica: secondo la narrazione vi era un tempo un re di nome Labra, il Marinaio, che era solito farsi tagliare i capelli una volta l'anno da un uomo che in seguito veniva messo inevitabilmente a morte. Il timore del re era, sembra, che qualcuno potesse venire a conoscenza del suo segreto, ovvero che possedeva orecchie di una lunghezza davvero spropositata. Tuttavia accadde una volta che l'addetto al taglio dei capelli regali fosse anche l'unico figlio di una vedova, che con pianti infiniti e disperati mosse il re a commozione, così che la vita del giovane fu risparmiata. A condizione, però, che mai e poi mai rivelasse ad alcuno quella sua particolarità fisica. Ma col passare del tempo il peso di quel segreto divenne insostenibile, ed il ragazzo cadde malato. Fu perciò chiamato un Druido, che gli consigliò di percorrere una strada nel bosco fino ad un punto in cui si incrociassero quattro vie; qui avrebbe dovuto prendere quella di destra e confidare il suo segreto al primo albero che avrebbe incontrato. Il giovane seguì il consiglio e il primo albero che incontrò fu un Salice, al quale confidò il suo fardello e grazie al quale potè guarire. Non passò molto tempo che l'arpista Craftiny decise di fabbricarsi una nuova arpa, usando proprio il legno di quel Salice. La notte stessa fu invitato come al solito a suonare al banchetto del re, ma come toccò le corde dello strumento, da queste uscì una voce che svelò a tutti l'imbarazzante segreto di re Labra.
Racconto curioso quanto interessante, che potrebbe nascondere tra le righe il potere di quest'albero di svelare segreti e misteri occultati.
Vi è un'interessante leggenda gaelica che vede protagonista il Salice e il suo rapporto con la musica: secondo la narrazione vi era un tempo un re di nome Labra, il Marinaio, che era solito farsi tagliare i capelli una volta l'anno da un uomo che in seguito veniva messo inevitabilmente a morte. Il timore del re era, sembra, che qualcuno potesse venire a conoscenza del suo segreto, ovvero che possedeva orecchie di una lunghezza davvero spropositata. Tuttavia accadde una volta che l'addetto al taglio dei capelli regali fosse anche l'unico figlio di una vedova, che con pianti infiniti e disperati mosse il re a commozione, così che la vita del giovane fu risparmiata. A condizione, però, che mai e poi mai rivelasse ad alcuno quella sua particolarità fisica. Ma col passare del tempo il peso di quel segreto divenne insostenibile, ed il ragazzo cadde malato. Fu perciò chiamato un Druido, che gli consigliò di percorrere una strada nel bosco fino ad un punto in cui si incrociassero quattro vie; qui avrebbe dovuto prendere quella di destra e confidare il suo segreto al primo albero che avrebbe incontrato. Il giovane seguì il consiglio e il primo albero che incontrò fu un Salice, al quale confidò il suo fardello e grazie al quale potè guarire. Non passò molto tempo che l'arpista Craftiny decise di fabbricarsi una nuova arpa, usando proprio il legno di quel Salice. La notte stessa fu invitato come al solito a suonare al banchetto del re, ma come toccò le corde dello strumento, da queste uscì una voce che svelò a tutti l'imbarazzante segreto di re Labra.
Racconto curioso quanto interessante, che potrebbe nascondere tra le righe il potere di quest'albero di svelare segreti e misteri occultati.
In Scozia il Salice rappresentava forza e armonia; un bastone del suo legno, senza corteccia, serviva al Signore delle Isole come Verga della Giustizia, e veniva inoltre adoperato nelle cerimonie d’iniziazione.
Nelle campagne celtiche i contadini erano soliti percuotere con rami di Salice i fianchi del bestiame, per propiziarne la fecondità, e il suo potere veniva inoltre evocato per agevolare i parti.
E’ interessante notare come anticamente il legno di quest’albero fosse utilizzato in special modo per creare vasi e contenitori di vario tipo, oggetti in grado di contenere o ricevere… tipica simbologia del grembo femminile. Difatti, nell’arpa celtica suddetta, è il corpo cavo che riceve la vibrazione della corda, mutandola, e portando così alla vita un suono capace di incantare. Possiede, quindi, il potere di trasformare, oltre che di generare, e questo fatto riporta inevitabilmente alla concezione di Nascita/Morte/Rinascita che gli antichi attribuivano alla Dea Madre e al Sacro Femminino in generale.
Gli stessi Greci associavano il Salice alla Madre Terra che, appunto, perpetuamente genera, per poi riprendere in sé il frutto del proprio grembo e nuovamente rilasciarlo; questo ragionamento fu probabilmente causato dall’osservazione dei frutti del Salice che maturano, e quindi cadono, in tempi incredibilmente brevi, e pare abbia portato gli antichi a ritenere quest’albero come una sorta di “uccisore della propria prole”. Per questo motivo venne attribuita ad esso una duplice valenza: sia di protettore della castità (in quanto distruttore di frutti), sia di invito alla fecondità (riferita, appunto, alla sua associazione con la Dea Terra).
Nel suo aspetto oscuro può rappresentare la Morte nella Vita e la Vita nella Morte; alcune punte di freccia rinvenute nelle tombe fra il 2500 e il 2000 a.C. pare non fossero armi, bensì oggetti presenti in riti di tipo funerario. E' tra l'altro ipotizzabile che il suo legno possa essere stato utilizzato anche durante sacrifici rituali.
Nell'alfabeto Ogham le prime cinque lettere erano associate alla punta delle dita, la parte più sensibile della mano usata per determinati incantesimi druidici quali il dichetal do chennaib e il teinm laída; qui il Salice era corrisposto al mignolo, il dito della preveggenza.
Nelle campagne celtiche i contadini erano soliti percuotere con rami di Salice i fianchi del bestiame, per propiziarne la fecondità, e il suo potere veniva inoltre evocato per agevolare i parti.
E’ interessante notare come anticamente il legno di quest’albero fosse utilizzato in special modo per creare vasi e contenitori di vario tipo, oggetti in grado di contenere o ricevere… tipica simbologia del grembo femminile. Difatti, nell’arpa celtica suddetta, è il corpo cavo che riceve la vibrazione della corda, mutandola, e portando così alla vita un suono capace di incantare. Possiede, quindi, il potere di trasformare, oltre che di generare, e questo fatto riporta inevitabilmente alla concezione di Nascita/Morte/Rinascita che gli antichi attribuivano alla Dea Madre e al Sacro Femminino in generale.
Gli stessi Greci associavano il Salice alla Madre Terra che, appunto, perpetuamente genera, per poi riprendere in sé il frutto del proprio grembo e nuovamente rilasciarlo; questo ragionamento fu probabilmente causato dall’osservazione dei frutti del Salice che maturano, e quindi cadono, in tempi incredibilmente brevi, e pare abbia portato gli antichi a ritenere quest’albero come una sorta di “uccisore della propria prole”. Per questo motivo venne attribuita ad esso una duplice valenza: sia di protettore della castità (in quanto distruttore di frutti), sia di invito alla fecondità (riferita, appunto, alla sua associazione con la Dea Terra).
Nel suo aspetto oscuro può rappresentare la Morte nella Vita e la Vita nella Morte; alcune punte di freccia rinvenute nelle tombe fra il 2500 e il 2000 a.C. pare non fossero armi, bensì oggetti presenti in riti di tipo funerario. E' tra l'altro ipotizzabile che il suo legno possa essere stato utilizzato anche durante sacrifici rituali.
Nell'alfabeto Ogham le prime cinque lettere erano associate alla punta delle dita, la parte più sensibile della mano usata per determinati incantesimi druidici quali il dichetal do chennaib e il teinm laída; qui il Salice era corrisposto al mignolo, il dito della preveggenza.
I boccioli del Salice, che appaiono all'inizio della primavera, sono una grande attrazione per le api che in questo periodo iniziano il ciclo dell'impollinazione. Nell'antichità si diceva che le api selvatiche possiedono la saggezza della Dea proprio per aver succhiato il nettare del Salice, oltre a quello dell'Erica. In quanto animali sacri all'aspetto femminile del divino, le api sono anche ritenute sue messaggere, e il loro nutrirsi del polline di Salice dona a quest'albero un significato ancora più profondo.
Ma il Salice non era associato solo alla Dea Madre in ogni suo aspetto, bensì anche a divinità femminili ben precise: la maga Circe, ad esempio, possedeva un boschetto di Salici consacrato ad Ecate, Dea infera della magia e degli incanti. In questo bosco, sulle cime dei sacri alberi, Circe esponeva cadaveri di uomini avvolti in pelle di vacca non conciata. Se teniamo conto della simbologia trasformatrice ed iniziatrice di Circe, in quanto Maga/Dea capace di tramutare in animali dei comuni mortali, possiamo tornare al concetto sopra esposto di energia rinnovatrice... dalla Morte iniziatica si ha una nuova Vita, una nuova forma di esistenza spiritualmente più evoluta.
Anche Era, sposa di Zeus e Madre degli Dei, ebbe nel suo passato a che fare con quest’albero, in quanto nacque tra i Salici dell’Heràion di Samo; e persino Artemide, a Sparta, veniva associata ad esso tramite l’epiteto di Orthia o Lygosdesma, per la sua abitudine di adornarsi con rami di Lygos, un tipo di Salice. Orfeo, una tra le principali icone dell’ispirazione musicale e poetica, ricevette in dono l’eloquenza toccando i Salici di un boschetto sacro a Persefone, come testimonia Pausania nella sua descrizione del dipinto di Polignoto a Delfi. Sul monte Elicona, chiamato così per via dei suoi nove Salici (da Heliké in greco antico), dimoravano le Muse, originariamente sacerdotesse orgiastiche della Dea Luna, se non addirittura i nove Salici stessi. Ed Helike era anche il nome della sorella di Amaltea, colei che nutrì di latte e miele Zeus infante.
Nel giorno delle sacre Tesmoforie, durante le quali si rievocava il mito di Demetra e Kore, il Salice dimostrava la sua doppia natura: le donne, per riposare, preparavano giacigli con rami di Salice, posti a diretto contatto con la Madre Terra. Il Salice distruttore di frutti, ma anche simbolo del Grembo divino, diveniva al contempo Madre e Vergine, “germogliante e casta, vivente e morta”, come ama scrivere Hugo Rahner.
Ma il Salice non era associato solo alla Dea Madre in ogni suo aspetto, bensì anche a divinità femminili ben precise: la maga Circe, ad esempio, possedeva un boschetto di Salici consacrato ad Ecate, Dea infera della magia e degli incanti. In questo bosco, sulle cime dei sacri alberi, Circe esponeva cadaveri di uomini avvolti in pelle di vacca non conciata. Se teniamo conto della simbologia trasformatrice ed iniziatrice di Circe, in quanto Maga/Dea capace di tramutare in animali dei comuni mortali, possiamo tornare al concetto sopra esposto di energia rinnovatrice... dalla Morte iniziatica si ha una nuova Vita, una nuova forma di esistenza spiritualmente più evoluta.
Anche Era, sposa di Zeus e Madre degli Dei, ebbe nel suo passato a che fare con quest’albero, in quanto nacque tra i Salici dell’Heràion di Samo; e persino Artemide, a Sparta, veniva associata ad esso tramite l’epiteto di Orthia o Lygosdesma, per la sua abitudine di adornarsi con rami di Lygos, un tipo di Salice. Orfeo, una tra le principali icone dell’ispirazione musicale e poetica, ricevette in dono l’eloquenza toccando i Salici di un boschetto sacro a Persefone, come testimonia Pausania nella sua descrizione del dipinto di Polignoto a Delfi. Sul monte Elicona, chiamato così per via dei suoi nove Salici (da Heliké in greco antico), dimoravano le Muse, originariamente sacerdotesse orgiastiche della Dea Luna, se non addirittura i nove Salici stessi. Ed Helike era anche il nome della sorella di Amaltea, colei che nutrì di latte e miele Zeus infante.
Nel giorno delle sacre Tesmoforie, durante le quali si rievocava il mito di Demetra e Kore, il Salice dimostrava la sua doppia natura: le donne, per riposare, preparavano giacigli con rami di Salice, posti a diretto contatto con la Madre Terra. Il Salice distruttore di frutti, ma anche simbolo del Grembo divino, diveniva al contempo Madre e Vergine, “germogliante e casta, vivente e morta”, come ama scrivere Hugo Rahner.
Il legame con la Luna e la guarigione, nel medioevo ha trasformato il Salice nell’albero prediletto dalle streghe.
Nell’Europa settentrionale, secondo Graves, la sua associazione con le fattucchiere era così forte che le parole “witch”, strega, e “wicked”, malvagio, possano derivare da un antico nome del Salice. Altrettanto la parola “wicker”, vimini...
Nelle campagne inglesi si dice ancora oggi che le scope delle streghe siano fatte con un bastone di Frassino, rametti di Betulla, e legacci di vimine... il primo per salvarle dall’annegamento, il secondo per impigliarvi gli spiriti maligni, e il Salice, infine, perché caro ad Ecate, come già accennato. Nello stesso modo, le streghe dell’isola di Sein si imbarcavano per mare su ceste fatte di vimini, e qui praticavano i loro malefici.
In Lituania, al contrario, sopravvisse per molto tempo il culto della Dea lunare, chiamata Blinda, il cui nome significa, appunto, Salice. Secondo il mito che la riguarda, la Dea possedeva una tale fecondità da consentirle di partorire anche da mani, piedi e testa. La Dea Terra, ingelosita da ciò, un giorno in cui Blinda camminava lungo un prato palustre, le fece affondare i piedi nel fango, imprigionandola e trasformandola per sempre in un albero.
Scrive Cattabiani che intorno al 1805, nel villaggio di Kalnekai, sulla riva destra del Niemen, delle contadine erano ancora solite recarsi nei pressi di un vecchio Salice adorno di ghirlande di fiori, pregandolo per la fortuna e la moltiplicazione dei bambini. Il clero cattolico, dopo aver inutilmente tentato di far cessare quell’usanza pagana, dovette rassegnarsi a porre un crocifisso sul tronco dell’albero...
Nell’Europa settentrionale, secondo Graves, la sua associazione con le fattucchiere era così forte che le parole “witch”, strega, e “wicked”, malvagio, possano derivare da un antico nome del Salice. Altrettanto la parola “wicker”, vimini...
Nelle campagne inglesi si dice ancora oggi che le scope delle streghe siano fatte con un bastone di Frassino, rametti di Betulla, e legacci di vimine... il primo per salvarle dall’annegamento, il secondo per impigliarvi gli spiriti maligni, e il Salice, infine, perché caro ad Ecate, come già accennato. Nello stesso modo, le streghe dell’isola di Sein si imbarcavano per mare su ceste fatte di vimini, e qui praticavano i loro malefici.
In Lituania, al contrario, sopravvisse per molto tempo il culto della Dea lunare, chiamata Blinda, il cui nome significa, appunto, Salice. Secondo il mito che la riguarda, la Dea possedeva una tale fecondità da consentirle di partorire anche da mani, piedi e testa. La Dea Terra, ingelosita da ciò, un giorno in cui Blinda camminava lungo un prato palustre, le fece affondare i piedi nel fango, imprigionandola e trasformandola per sempre in un albero.
Scrive Cattabiani che intorno al 1805, nel villaggio di Kalnekai, sulla riva destra del Niemen, delle contadine erano ancora solite recarsi nei pressi di un vecchio Salice adorno di ghirlande di fiori, pregandolo per la fortuna e la moltiplicazione dei bambini. Il clero cattolico, dopo aver inutilmente tentato di far cessare quell’usanza pagana, dovette rassegnarsi a porre un crocifisso sul tronco dell’albero...
Il Salice, dunque, è Luna, Donna, Dea ed Acqua... tutti questi aspetti muliebri fanno parte della sua natura, della sua essenza; perciò, come abbiamo visto, esso diviene l'albero della visione, della sensitività, dell'ispirazione poetica in ogni sua forma. Ma è anche l'albero della trasformazione interiore, dell'incanto e della magia, quella stessa magia che da sempre attrae e affascina l'essere umano, per sua natura assetato di Conoscenza.
Com’è anche un albero divinatorio ed onirico, in quanto la Luna è l'astro notturno che svela profezie, che solleva i veli della realtà materiale per mostrare quel mondo impalpabile che pare sempre così sfuggente, così lontano, eppure allo stesso tempo tanto vicino, situato addirittura dentro di noi. E' un albero psicopompo, in grado d'accompagnare nell'Altromondo, quello, appunto, del Sogno e dell'immateriale.
E' la mano forte e salda che ci sorregge durante il viaggio, è il grembo liquido che ci custodisce mentre sorvoliamo quei paesaggi arcani, scoprendo tesori nascosti e arricchendoci di nuove consapevolezze, e che ci guarisce quando ci feriamo o ci ammaliamo di dolore. E' protettivo, amorevole, ma, se necessario, può divenire fatale, quasi spietato. Ha in sé il triplice volto divino: l'innocenza fanciullesca, l'amorevole passione, la mano scheletrica che infonde morte ai propri figli...
Le sue radici cercano l'abbraccio del terreno acquoso, bagnato. E' un ricercare il ritorno alle origini, all'umido tepore della Madre, mentre con tutto il suo corpo si solleva più che può sino al Cielo, desideroso di sfiorare quel volto argentato e materno che nella notte osserva con pazienza, benedicendolo. Poi, stanco, abbassa sinuoso le braccia vegetali, per cercare nuovamente conforto nella calda Gea, adorno di raggi lunari rubati di soppiatto e posati con civetteria femminile sulle proprie piccole e sottili foglie. E forse, abbassando lo sguardo sulla superficie dell'acqua, si sofferma a contemplarne i riflessi opalescenti e, ipnotizzato, inizia così a sognare a sua volta.
Com’è anche un albero divinatorio ed onirico, in quanto la Luna è l'astro notturno che svela profezie, che solleva i veli della realtà materiale per mostrare quel mondo impalpabile che pare sempre così sfuggente, così lontano, eppure allo stesso tempo tanto vicino, situato addirittura dentro di noi. E' un albero psicopompo, in grado d'accompagnare nell'Altromondo, quello, appunto, del Sogno e dell'immateriale.
E' la mano forte e salda che ci sorregge durante il viaggio, è il grembo liquido che ci custodisce mentre sorvoliamo quei paesaggi arcani, scoprendo tesori nascosti e arricchendoci di nuove consapevolezze, e che ci guarisce quando ci feriamo o ci ammaliamo di dolore. E' protettivo, amorevole, ma, se necessario, può divenire fatale, quasi spietato. Ha in sé il triplice volto divino: l'innocenza fanciullesca, l'amorevole passione, la mano scheletrica che infonde morte ai propri figli...
Le sue radici cercano l'abbraccio del terreno acquoso, bagnato. E' un ricercare il ritorno alle origini, all'umido tepore della Madre, mentre con tutto il suo corpo si solleva più che può sino al Cielo, desideroso di sfiorare quel volto argentato e materno che nella notte osserva con pazienza, benedicendolo. Poi, stanco, abbassa sinuoso le braccia vegetali, per cercare nuovamente conforto nella calda Gea, adorno di raggi lunari rubati di soppiatto e posati con civetteria femminile sulle proprie piccole e sottili foglie. E forse, abbassando lo sguardo sulla superficie dell'acqua, si sofferma a contemplarne i riflessi opalescenti e, ipnotizzato, inizia così a sognare a sua volta.
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